La comunicazione del rischio ed i numeri degli scienziati

II gran numero di articoli comparsi in queste settimane su una possibile pandemia di influenza aviaria, ha portato, seppur in un numero limitatissimo di casi, alcuni autori a riflettere sull’attuale sistema dell’informazione.

In una di queste analisi, il giornalista esprime delle considerazioni, degne di essere approfondite, partendo da un recente libro dello studioso tedesco Gerd Gigerenzer dell’Istituto Max Planck di Berlino che, mette in luce come alcuni dati numerici, forniti dagli scienziati e ripresi dai media, possano rappresentare un “inganno” per il lettore.

Ma non si tratta di un vero inganno. Infatti i dati sono nella maggior parte dei casi ottenuti con metodiche di analisi e/o previsione corrette e quindi, all’interno del mondo scientifico, assolutamente affidabili nell’ambito dei range di errore denunciati nelle ricerche stesse.

In quest’ottica i numeri forniti alla stampa da alcuni ricercatori inerenti le previsioni delle vittime di una eventuale pandemia di influenza aviaria non suonano necessariamente ingannevoli, ma hanno creato una paura diffusa, ai limiti della psicosi di massa, assolutamente ingiustificata dall’entità del rischio attualmente presente.

Durante una conferenza medica tenutasi a Malta nel corso del mese di settembre, sono state divulgate stime inerenti una pandemia influenzale da virus aviario adattato all’uomo in Italia, con la previsione di 2 milioni di persone infettate e 150.000 morti…

Negli Stati Uniti è stato stimato, tenendo conto dei dati delle due grandi epidemie influenzali (la spagnola del 1918 e l’influenza del 1958), che su una popolazione complessiva che supera i duecento milioni, i malati potrebbero raggiungere i 90 milioni, di questi i decessi oscillerebbero da 210.000 a quasi 2 milioni.

Stime a forbice così ampia creano una “cultura della paura”, che non risulta essere l’aggettiva percezione del rischio, ma uno stato di panico in cui un eccessivo timore induce, in una comunità, reazioni emozionali e quindi irrazionali che impediscono una pacata valutazione del pericolo reale, valutazione che dovrebbe essere basata prima di tutto sul “buon senso”.

Sono situazioni che ormai si ripetono: dalla crisi diossina in Belgio alla BSE o alla SARS, per non parlare di quanto succede ormai giornalmente per le catastrofi naturali, sono state e vengono pubblicate delle stime con previsioni, fortunatamente smentite dai fatti, di danni irreversibili per la popolazione di intere regioni o di migliaia di morti.

Tutti riconoscono che le incertezze della scienza sono ineludibili ma la pubblica opinione sta diventando critica e cinica sulla credibilità degli scienziati e delle istituzioni governative, che dagli stessi dipendono, sulla loro effettiva capacità, volontà di stimare in modo affidabile, imparziale, indipendente e trasparente i rischi.

L’incertezza della scienza sta diventando quindi l’elemento alla base di una progressiva politicizzazione dei rischi con una comunicazione distorta che lede il diritto fondamentale del cittadino ad una corretta informazione sulle tematiche che coinvolgono la propria salute.

È quindi necessario che le istituzioni scientifiche e governative a fianco degli investimenti per gestire eventi negativi previsti o prevedibili (programmi di vaccinazione straordinari e di gestione delle emergenze), inseriscano tra le priorità la comunicazione del rischio, attività per la quale in campo alimentare è stata istituita l’EFSA, alfine di evitare il ripetersi di “psicosi mediatiche” in grado di causare danni psicologici ed economici, alle società, spesso di molto superiori al reale impatto delle crisi stesse.

Editoriale di Bartolomeo Griglio – Direttore Editoriale – AIVEMP Newsletter  - www.aivemp.it
Periodico di informazione della Associazione Italiana Veterinaria di Medicina Pubblica.