Meditazioni ciclistiche

La mia parte animale, con buona pace della mia parte acculturata, rizza il pelo alla vista di uno sconosciuto, ne più ne meno come succede a mio nipote “Gigetto la peste” di tre anni che alla vista di un estraneo si mette in agitazione, forse perché teme che lo sconosciuto sia arrivato per “toccargli” i suoi giochi.

Uno sconosciuto che mi viene incontro pedalando e scende dalla bicicletta per presentarsi beneficia invece di una impressione pregiudizialmente molto favorevole. L’insieme dei parametri affettivi che operano al mio interno in modo inconscio (fisico, lunghezza dei capelli, abbigliamento, linguaggio, odore, etc.) conferiscono all’”uomo in bicicletta” un valore positivo quale bonarietà, tranquillità, gioia di vivere ed anche talora un’aria un po’ antiquata.

“Non corro pericoli”, “è un uomo in bicicletta” e la bicicletta è contraria all’idea di violenza.

Non ho mai sentito un omicidio compiuto dalla mafia a bordo di una bicicletta.

La bicicletta ha una antica reputazione di pacifismo, anche se certi esagitati della “mountbike”, che sono il terrore degli escursionisti a piedi, non sono riusciti ad intaccare.