MITOLOGIA GRECA

Gli Argonauti

Gli Argonauti  furono quel gruppo di circa 50 eroi che, sotto la guida di Giasone, diedero vita ad una delle più note ed affascinanti narrazioni della mitologia greca: l’avventuroso viaggio a bordo della nave Argo che li condurrà nelle ostili terre della Colchide, alla conquista del vello d’oro.

Gli eroi erano accorsi alla chiamata degli araldi inviati in tutta la Grecia per organizzare quella spedizione che Pelia, re di Iolco, aveva richiesto a Giasone, figlio di suo fratello Esone.

Pelia infatti, era re di Iolco per aver usurpato il trono a suo fratello Esone, legittimo erede al trono, da lui fatto imprigionare insieme al resto della famiglia. Giasone accettò l’insidiosa richiesta alla sola condizione che, in caso di successo, Pelia avrebbe dovuto liberare la sua famiglia.

Il Vello d’oro

Un tempo, a causa di un oracolo ingannevole, Atamante l’Eolio, re di Beozia, era stato in procinto di sacrificare Frisso, il figlio avuto da Nefele. In lacrime, avrebbe adempiuto ciecamente al verdetto oracolare, se non fosse apparso Eracle a distoglierlo dal gesto, convincendolo dell’avversione che suo padre Zeus provava per i sacrifici umani.In seguito Ermes, per ordine di Era o di Zeus, inviò dal cielo un ariete alato dal vello interamente d’oro. L’animale magico, giunto al cospetto di Frisso, iniziò a parlargli, ordinandogli di montare in groppa. Il ragazzo accettò l’invito e volò in questo modo verso la Colchide dove, una volta giunto, sacrificò l’animale. Il vello d’oro rimase intatto e fu tenuto in conto come un grande tesoro dagli abitanti del luogo.

Il primo oracolo

Pelia, figlio naturale di Posidone, divenne re alla morte di suo padre adottivo Creteo, nonostante il legittimo erede fosse suo fratello Esone. Avvisato da un oracolo che un discendente di Eolo lo avrebbe ucciso, fece sterminare chiunque avesse un rapporto di discendenza col dio dei venti: tutti tranne Esone, che nel frattempo aveva avuto un figlio di nome Diomede. Il bambino fu segretamente trasportato fuori dal palazzo e affidato al centauro Chirone, che lo allevò; crescendo, Diomede cambiò il proprio nome in Giasone.

Il secondo oracolo

Un altro oracolo mise in guardia Pelia dall’incontro con un giovane che avesse ai piedi un solo calzare. Tempo dopo gli capitò infatti di incontrare su una spiaggia un giovane, alto e armato di due lance, con un solo piede calzato: si trattava proprio di Giasone, che aveva perso un sandalo aiutando pietosamente una vecchina a guadare le acque fangose del fiume Anauro. Sotto le vesti di quella povera vecchia che, fino all’arrivo di Giasone, aveva inutilmente chiesto aiuto ai viandanti, si nascondeva in realtà una teofania di Era; la moglie di Zeus, continuamente trascurata da Pelia, fu a lui sempre avversa.

Alla vista di quel giovane, il re si precipitò ad interrogarlo. Gli chiese quale fosse il suo nome e chi fosse suo padre e il giovane gli rispose con franchezza; al che il sovrano gli chiese come si sarebbe comportato se un oracolo gli avesse predetto che qualcuno concittadino stesse per ucciderlo. Giasone, ispirato da Era, rispose che avrebbe inviato quell’uomo nella Colchide, alla ricerca del vello d’oro.

Ma quando riconobbe nel suo interlocutore l’usurpatore, Giasone gli chiese di restituirgli il trono; il re gli rispose ponendogli una condizione: prima avrebbe dovuto salvare il regno da una maledizione.

Pelia gli narrò così di essere tormentato dall’ombra di Frisso, fuggito tempo addietro da Orcomeno e a cui mai era stata data degna sepoltura. Pelia aggiunse che, secondo un oracolo, la loro terra sarebbe rimasta sempre povera fino a quando non fosse stato riportato in patria il vello d’oro, custode dell’anima di Frisso. Promise a Giasone che, se questi avesse accettato l’incarico, gli avrebbe restituito il trono non appena l’eroe fosse ritornato con il vello.

Giasone inviò araldi in tutte le terre dell’Ellade a chiedere aiuto, ma poi, indeciso sul da farsi, si rivolse all’oracolo di Castalia, che gli suggerì di partire al più presto con una nave. La nave fu costruita e la stessa Atena ne ornò la prua con una polena apotropaica.