“OGM” o “NO-OGM”, “BIO” o “NON Bio”?

Gran parte dell’ambiente scientifico mondiale propende per la sicurezza dei prodotti agricoli modificati geneticamente, i così detti OGM, esaltandone in alcuni casi le caratteristiche di salubrità rispetto ai prodotti NO-OGM.

Il dibattito è sempre aperto anche se si ha spesso l’impressione che la politica e parte della comunità scientifica osteggino le coltivazioni OGM, con argomentazioni tese a minimizzarne  vantaggi in termini di produttività e di innovazione di prodotto.

Anche nel settore BIO si discute sui fattori che supportano o meno la tesi della maggior salubrità dei prodotti biologici siano essi derivanti dall’agricoltura che dalla zootecnia.

Sui prodotti agricoli, diversi analisti scientifici mettono in guardia i consumatori dal rischio delle tossine naturali che le piante ed il frutto producono per difendersi dai parassiti. Queste tossine sono presenti in maniera significativa sui prodotti BIO proprio perché generate naturalmente dalle piante stesse non essendo esse protette da agenti industriali antiparassitari. Non voglio entrare nello specifico della problematica, ma certamente l’equazione “BIO = più sano e naturale” merita – a mio avviso – un approfondimento.

Mi piacerebbe che il dibattito (che forse non avrà mai fine) oltre che sul piano scientifico e politico, venisse portato anche a livello dei mass-media in modo intellettualmente onesto e non pre-concetto, tale da consentire al consumatore di farsi un’idea propria per alimentarsi in maniera certamente più consapevole.

In questa situazione ancora fluida, una riflessione – non scientifica ma che impatta sul sociale – sorge spontanea: prima della diffusione dei prodotti con la sigla BIO (necessariamente più costosi dei prodotti convenzionali), davanti al banco alimenti di un supermercato le massaie si sentivano tutte uguali. Oggi chi può spendere di più magari compera BIO, alimentando la convinzione generale che con questa scelta la salute dei propri familiari sia più tutelata.

La massaia che non può spendere, compra prodotti convenzionali e con rammarico si trova ad accettare “un maggior rischio” per la famiglia, specie se è costretta a fare la spesa in un “discount”.

La nostra società nel tempo ha accettato le disuguaglianze di status economico negli acquisti, nelle auto, nell’abbigliamento, nelle case e in molto altro.

Se parliamo di accessibilità a gusti e sapori particolari, esclusivi e più costosi, tale disuguaglianza sembra già in essere (vedi formaggi pregiati, vini, carni stagionate) ma se parliamo di salubrità, la cautela è d’obbligo.

Almeno per i prodotti derivanti dalla zootecnia, gli allevamenti convenzionali e non BIO utilizzano mangimi provenienti da aziende che sono sottoposte ad innumerevoli controlli annuali da parte di ASL, NAS, Repressione Frodi, imposti dalle normative.

Fonte: Antonello Ceccaroni. Riflessioni ed approfondimenti a firma del Direttore. Spigolature. Zoo-Zoom – Periodico della Zootecnia Produttiva. Numero 10, Novembre 2010. Pagina 10.