Un’Italia possibile

“Il progresso scientifico è una condizione ineliminabile della sicurezza nazionale, della salute dei cittadini e del progresso culturale; è fondamentale per la crescita lavorativa e per ottenere un più alto tenore di vita».

Con queste parole si concludeva la lettera con cui il 25 luglio 1945 Vannevar Bush, direttore dell’Office of Scientific Research and Development, rispondeva alle questioni postegli dal presidente Franklin D. Roosevelt nel novembre 1944. Alla risposta – indirizzata a Harry Truman perché Roosevelt era morto il 12 aprile – era allegato un corposo rapporto redatto da Bush e dai suoi collaboratori, recentemente pubblicato per la prima volta in Italia da Bollati Boringhieri con il titolo Manifesto per la rinascita di una nazione.

«Che cosa si può fare – chiedeva Roosevelt – per rendere pubblici quanto prima i contributi apportati al sapere scientifico durante lo sforzo bellico? […] È possibile organizzare un programma in grado di proseguire, anche in futuro, l’opera svolta in medicina e nelle scienze mediche di base? […] Che cosa può fare il Governo per favorire la ricerca scientifica tramite organizzazioni pubbliche e private? […] È possibile proporre un programma efficace volto a individuare e sviluppare il talento scientifico nei giovani americani? […] Nuove frontiere della mente si aprono davanti a noi, e se le supereremo con lo stesso slancio, la stessa visione e la stessa audacia che ci hanno accompagnato in questa guerra, potremo ottenere migliori e più feconde condizioni lavorative, e migliori e più feconde condizioni di vita».
Infine, nel sommario del rapporto, intitolato Il progresso scientifico è essenziale, si dice sin dall’inizio che le conoscenze nuove e fondamentali perché si realizzino queste condizioni «possono arrivare soltanto dalla ricerca di base».

Ecco. Guardando ai dibattiti parlamentari degli ultimi mesi in materia di metodo Stamina, clausola di salvaguardia sugli OGM, sperimentazione animale e quant’altro non si direbbe che la politica italiana abbia chiaro il senso di questo messaggio. Scorrendo il dossier che pubblichiamo in questo numero, invece, appare ancora più evidente che un sistema della formazione e della ricerca all’avanguardia, accompagnato da un profluvio di investimenti pubblici e privati, sarà la chiave della competitività mondiale nei prossimi decenni. Ed è su questo terreno che si stanno muovendo con rapidità ed efficacia alcune economie emergenti.

Se non vogliamo perdere l’ultimo treno per restare tra le nazioni avanzate è indispensabile riflettere subito su una radicale riforma dell’istruzione e una altrettanto radicale dell’università e degli enti di ricerca. Con un occhio di riguardo per i centri d’eccellenza e la loro produzione di valore mondiale.
Intanto, almeno, si comincia a parlarne, nella speranza di far crescere nella nostra classe dirigente la consapevolezza della posta in gioco. Nell’attesa, ci auguriamo non vana, che un giorno anche da noi nasca un gigante delle politiche scientifiche come Vannevar Bush. Ma, fosse vero, anche un Franklin D. Roosevelt che gli pone quelle domande.

L’editoriale del numero 544 di Le Scienze Dicembre 2013 di Marco Cattaneo